venerdì 6 maggio 2016

NOTA SUL NUOVO PIANO INDUSTRIALE PRESENTATO DAL DIRETTORE GENERALE




JOBS ACT: TANTO RUMORE PER NULLA

 “Un risultato, quello del Jobs Act, decisamente insoddisfacente, che dimostra la sua spaventosa inefficienza se consideriamo la quantità di risorse spese per la creazione di nuova occupazione. A fronte di 6,1 miliardi di euro spesi nel solo 2015 si registrano poco più di 100 mila occupati aggiuntivi. Un rapporto costi, benefici decisamente sproporzionato”. E' quanto calcolato dagli uffici fisco e finanza pubblica e mercato del lavoro della CGIL nazionale. Il report analizza gli effetti del Jobs Act sull'occupazione a partire dagli esiti che i due provvedimenti fiscali, decontribuzione e deduzione Irap, entrambi previsti nella legge di Stabilità 2014, hanno avuto sulla riduzione della disoccupazione. Il governo ha speso 6,1 miliardi di euro nel 2015 per generare un incremento di circa 100 mila posti di lavoro su 800 mila posti persi dall'inizio della crisi, di questi il 60% a tempo determinato.  Gli oltre 6 miliardi di euro, usciti dalle casse dello Stato nel 2015 per stimolare l'occupazione, sono il risultato della somma del costo della decontribuzione, pari a 3,4 miliardi di euro lordi (i contratti che hanno beneficiato dell'esonero sono stati circa 1,5 milioni), più 2,7 miliardi derivanti dalle deduzioni sull'Irap. Inoltre, gli uffici fisco e finanza pubblica e mercato del lavoro della CGIL, avvertono che nel 2016 e nel 2017 i costi saranno rispettivamente di 8,3 e di 7,8 miliardi.
Per la Cgil “non si possono affidare al mercato circa otto miliardi di euro all'anno nella convinzione che le imprese, attraverso l'abbattimento dei costi, siano capaci di aumentare il numero degli occupati. Se volessimo utilizzare le stesse risorse dei due provvedimenti citati in investimenti pubblici e per creare direttamente occupazione, specie giovanile e femminile, si potrebbero generare molti più posti di lavoro”. La CGIL, infatti, ha calcolato nel suo Piano del Lavoro che stanziando dieci miliardi all'anno per tre anni, attraverso investimenti e assunzione diretta in settori non esposti alla concorrenza, si verrebbero a creare circa 740.000 posti di lavoro, tra pubblici e privati. “L'unica modalità concepita dal Governo per uscire dalla crisi sembra essere quella di abbassare salari, occupazione e diritti del lavoro, quando invece per creare valore aggiunto occorre aumentare la quantità e la qualità del lavoro come della produzione”.