COMUNICATO STAMPA
Segreteria SLC-CGIL
Barbara Apuzzo: per “cambiar verso” recuperare canone. Ennesimo attacco, si colpisce al cuore l’azienda.
“Anche la Rai dovrà contribuire al risanamento
dei conti pubblici con un “contributo volontario, ma obbligatorio”
di 150 milioni di euro dal 2015. La notizia di per se’ non
scandalizzerebbe se quel contributo dovesse – come qualche giorno
fa era stato ipotizzato – essere una parte dei 600 milioni circa
che il governo potrebbe far recuperare autorizzando la Rai a
collegare il Canone alla bolletta elettrica.” Cosi’ Barbara
Apuzzo, segretaria nazionale Slc Cgil.
”Ma è evidente che la impopolarità che
deriverebbe da una scelta del genere ha fatto scegliere un’altra
strada, quella della riorganizzazione (leggasi riduzione!) delle sedi
regionali o peggio ancora quella della vendita di Raiway. Nessun
intervento strutturale, nessun obiettivo di salvaguardare il servizio
pubblico, semplicemente tagli.”
”E’ altrettanto evidente che questo rappresenta
l’ennesimo attacco alla tenuta della Rai. Vendere Raiway –
prosegue la sindacalista – significherebbe colpire al cuore
l’azienda, così come chiudere una parte delle sedi regionali
significherebbe mettere a rischio posti di lavoro e pluralismo
nell’informazione. Entrambe sono infatti essenziali per la
sussistenza stessa del servizio pubblico radio televisivo: lo sono
formalmente e sostanzialmente nell’attività industriale ed
editoriale, lo sono anche per questioni di sicurezza nazionale.”
“E’ questo il “si cambia verso?” – chiede
Apuzzo.- “A noi sembra tutto tristemente già visto! La vendita di
parti del patrimonio industriale della Rai si ripropone ad ogni
cambio di Governo. Senza contare che la Rai concorre sul mercato con
limiti sul fronte pubblicitario che i suoi concorrenti privati non
hanno: se a questo si dovesse aggiungere un prelievo fisso a
riduzione del canone, uno dei tributi più evasi in Europa,
semplicemente si segnerebbe l’impossibilità per la Rai di reggere
economicamente sul mercato.”
Noi crediamo che per cambiare verso davvero
servirebbe più coraggio per affrontare il tema dell’evasione del
canone. Da li’ sarebbe possibile recuperare 600 milioni circa,
necessari per rilanciare un servizio pubblico in grado di competere
con quelli degli altro paesi europei e al tempo stesso nelle
condizioni di garantire quel “contributo volontario ma
obbligatorio” richiesto in questa fase straordinaria.
Per una volta non sarebbero i lavoratori a pagare
il prezzo di scelte impopolari e la qualità dei prodotti editoriali
e dell’informazione avrebbe qualche garanzia in più. A tal
proposito forse è utile ricordare che in questi anni i lavoratori
hanno stretto la cinghia, hanno visto i loro salari contenersi
fortemente a fronte di una attività lavorativa aumentata; si è
passati dal produrre per 3 canali a 13 canali (più quelli
radiofonici); si è passati al digitale terrestre con un investimento
di 500 milioni di euro (in altri paesi gli oneri sono stati a carico
dello stato), ed in questi mesi c’è un enorme impegno per adeguare
i processi produttivi alle nuove tecnologie.”
Tale salasso interverrebbe quindi in un momento
delicatissimo per l’azienda, che a fatica, grazie anche all’impegno
di lavoratori e sindacati dopo anni di conti in rosso e’ giunta ad
un utile di 5 milioni di euro nel 2013, il tutto nonostante il blocco
della rivalutazione del canone.
Ci sembra dunque che” – conclude Apuzzo –
“nel paese del conflitto d’interesse, ancora una volta non ci sia
nessuna idea industriale per la Rai, e che abbondi invece tanta
superficialità nell’analizzare questioni fondamentali per
l’informazione, la produzione culturale e la democrazia. Ma siamo
sicuri di volerlo proprio cambiare questo verso?”
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